MarTech e Agile: esercizi di velocità nello scenario post Covid

Pochi giorni prima che il Premier Conte annunciasse la fase 2 Iconsulting mi ha chiesto un punto di vista su come il MarTech potesse risultare un’arma in più contro questa emergenza. Di seguito l’intro dell’intervista pubblicata per intero qui.

Come hai affrontato dal punto di vista professionale questo periodo di emergenza?

L’ho considerato un periodo di crescita per me e per il mio team. Per quanto “noi del digital” eravamo già abituati a lavorare in remoto con strumenti quali Slack, Google Drive, Dropbox, etc. di conseguenza la continuità operatività non ne ha risentito trattandosi inoltre di un gruppo ben affiatato.

Tuttavia questa emergenza ci ha permesso di crescere sotto l’aspetto relazionale, non potendo più fare affidamento sulla pausa alla macchinetta del caffè o sulla “schiscetta” a pranzo; nel concreto, io stesso sto imparando ad usare un po’ di più il telefono e un po’ di meno la chat per alleviare l’assenza di una funzione insostituibili degli incontri di persona.

Seguo con grande interesse quanto sta avvenendo a seguito della fase 2, che possiamo considerare il momento della verità per l’home working, nel quale aziende e manager devono confermare la loro fiducia nei confronti di pratiche a cui fino a ieri eravamo obbligati: ora che abbiamo scoperto che si può lavorare a distanza, continueremo a farlo, almeno fino a quando sarà necessaria una qualche forma di distanziamento sociale?

Ci siamo lasciati alle spalle una dura fase di isolamento ed emergenza: in cosa questo periodo ha trasformato la tua azienda? Come avete risposto alle nuove esigenze?

Dopo un primo periodo di incertezza dovuto al susseguirsi di nuove indicazioni da parte del Governo, l’azienda ha reagito prontamente e anzi, colgo questa occasione per ringraziarla di non averci concesso il rientro in ufficio quando ancora non era stato annunciato il lockdown e la quotidianità tra colleghi ci mancava già.

Trattandosi di un’azienda retail, con l’annuncio del lockdown chiaramente è cambiato tutto, e l’attenzione si è spostata sull’e-commerce cercando di mettere in piedi tutto quanto fosse necessario per operare in sicurezza sul fronte logistico – dove l’home working non esiste – e adattando le nostre strategie in base a come i singoli Paesi reagivano dinanzi al diffondersi di questa pandemia.

Abbiamo adeguato la comunicazione online, ponendo il focus su quei prodotti destinati ad un consumo casalingo, spostando gli investimenti in advertising in base a come si muoveva il virus, avendo inoltre cura di aggiornare i clienti su base quotidiana dei possibili ritardi riscontrati nella gestione delle spedizioni o dei resi. Accelerando il cambiamento, abbiamo inevitabilmente accelerato alcune attività che avremmo previsto di realizzare nel corso dell’anno.

Come le tecnologie MarTech possono supportare questo momento particolare il sistema paese? Che ruolo gli affidi?

Da sempre ritengo che il MarTech abbia un ruolo fondamentale nella trasformazione di un’azienda, che si tratti di processi interni o di adeguamento della customer experience a quelli che sono i trend emergenti. Il mondo delle marketing technology offre la possibilità di sperimentare nuove soluzioni con costi esigui, bassi rischi progettuali e con la grande opportunità di rendere gli utenti di business autonomi, offrendo implementazioni no-code.

Advertising & Promotion, Content & Experience, Social & Relationships, Commerce & Sales, ma anche Data e Management: ad oggi il Marketing Technology Landscape, risorsa del settore, conta oltre 8000 tecnologie a supporto di qualsiasi funzione aziendale e non solo all’ufficio marketing, come potrebbe suggerire il nome. Ne risulta un mondo molto frammentato, motivo per cui il focus in fase di adozione si pone principalmente sulla semplicità di integrazione con il resto delle soluzioni già in essere.

Se è vero che questa pandemia ha offerto a tutti – aziende e istituzioni – la possibilità di accelerare la trasformazione, il MarTech è senza dubbio l’alleato giusto per condurla in tempi che le infrastrutture legacy non permettono.

Continua a leggere l’intervista qui